L’esito del referendum
La riforma costituzionale, già approvata 6 volte dalle due Camere, è stata chiaramente bocciata dai cittadini (59-41).
Un progetto di riforma atteso da 30 anni, costruito inizialmente con senso di responsabilità bipartisan con la mediazione tra forze politiche di centrosinistra e di centrodestra, che però sul suo cammino ha perso il sostegno sia di una parte del centrodestra (Forza Italia, per motivi non legati al referendum), sia di una parte della minoranza del PD (che non ha seguito la linea politica del partito).
Vince lo status quo, l’immobilismo, così ci teniamo per chissà quanti anni o decenni le due Camere che fanno la stessa cosa, i contrasti infiniti tra Stato e Regioni (materie concorrenti), le Province, gli istituti referendari di 70 anni fa, il CNEL, e altro ancora. Nessun passettino in avanti, un’occasione persa. Vari i motivi del No, chi ha votato contro questa riforma, chi contro il Governo in carica, chi contro il segretario del PD. Per un’analisi completa ci vorrebbe più spazio e più tempo. Comunque in breve, secondo alcune analisi che mi fanno riflettere il no al cambiamento sembra aver prevalso, in particolare, tra i giovani, nelle zone con minor occupazione, nei quartieri più poveri (Istituto Cattaneo). Sia vero o meno questo dato, chi è al governo deve tener conto in misura maggiore dei bisogni e delle diseguaglianze sociali, occorre fare di più come Governo e come Partito Democratico. E lo dico convinto che il Governo Renzi abbia lavorato nel complesso bene e parecchio, come dimostrano le tante leggi e riforme approvate (alcune bloccate da decenni come quella sulle Unioni Civili) e alcuni dati positivi circa occupazione, produzione e consumo nei 1000 giorni, nonostante il contesto economico ancora fragile. Ha inoltre il merito di aver consentito all’Italia di riconquistare autorevolezza in Europa, in un contesto europeo difficile per la crescita dei populismi e l’incapacità di gestire con lungimiranza e umanità i processi immigratori. Il presidente Renzi si è dimesso con un atto di coerenza che gli fa onore, con serietà ha ammesso errori e sconfitta, altri politici sarebbero ancora lì nonostante l’aver fallito la riforma più importante. Ora bene un governo che accompagni il Paese alle elezioni da fare prima possibile, dopo aver affrontato i problemi più urgenti del Paese, in primis il post-terremoto e la legge elettorale che va armonizzata tra Camera e Senato. Non torniamo a leggi che obbligano a larghe intese, abbiamo bisogno di una legge che assicuri governabilità e stabilità. In tema di Europa sono fortemente preoccupato dalla posizione del M5S (che punta al governo del Paese) che ipotizza referendum per uscita dall’Euro, si aprirebbero scenari davvero negativi, ci torneremo nelle prossime newsletter. E il PD deve riprendere il cammino, far tesoro degli errori, praticare il noi e non l’io come garantito dal nostro segretario nazionale, valutare l’efficacia o meno delle riforme fatte e in caso intervenire, continuare a fare buona politica partendo dai territori e investendo sul municipalismo (istituzione più vicina ai bisogni dei cittadini), come ha detto bene il ministro ed ex-sindaco Graziano Delrio.